Cultura

Il Reginaldo ch’è in te

Il viaggio di un chierico vagante, nell'Anno del Signore 1226, dal monastero di Novacella (Bressanone) ad Assisi, dove frate Francesco sta morendo. un romanzo storico presentato da un grande autore

di Enzo Fontana

Scrivere un romanzo storico è un po? un?impresa archeologica. è scavare nel tempo, riportare alla luce un mondo. Si tratta, talvolta, di far rivivere i morti. Non solo bisogna risuscitarli, ma lasciare che pensino, parlino e agiscano secondo le caratteristiche del tempo e del luogo in cui vissero, oltre che secondo il carattere proprio di ciascuno. La cosa è di per sé evidente, ma non così semplice a rappresentarsi. Infatti, che ne sappiamo veramente di un uomo vissuto secoli e secoli fa? Come vedeva le cose? Eppure, anche se i suoi occhi sono spenti per sempre, la sua anima può ritornare su dall?Erebo o giù dal cielo, se lo scrittore la sa evocare. Come gli uomini, così ogni cosa deve stare al suo posto: le vesti, i gesti, i costumi. Mi hanno raccontato che Luchino Visconti, quando girava Il Gattopardo, se riprendeva una camera da letto voleva che gli armadi fossero pieni di biancheria d?epoca, anche se nessuno li avrebbe aperti. Lo stesso vale per la scrittura di un romanzo storico. Naturalmente si può cercare di imbrogliare il pubblico, i lettori, dando sfoggio di fantasia lussureggiante, inventandosi di malsana pianta usi e costumi, e modi di pensare. Ciò è ridicolo, ma spesso accade. Ma se la scrittura è ricerca del vero, allora potrà risultarne una storia sincera, che sarà bello leggere e ci lascerà dentro qualcosa. In cammino per Assisi Come nel caso de L?ultimo nemico, il romanzo storico che Sergio Artini ha appena pubblicato. Questo libro ricostruisce un mondo con minuzioso amore, è frutto di lunghi studi. L?autore ha dedicato alla sua opera anni di ricerca della perfezione. Questo genere di imprese vuole tributi, fatiche, grande dedizione. Tuttavia la gran mole dei libri letti, dei materiali consultati, non ha soffocato l?ispirazione, non ha appesantito il libro con continui rimandi insopportabili. Sergio Artini è scampato al pericolo della troppa e sola erudizione, malattia, anzi vizio congenito alla professione dei letterati che vogliono a tutti i costi farsi scrittori, poeti, narratori (non mancano gli esempi). Ne L?ultimo nemico, ci ritroviamo nel bel mezzo di un mondo distante dal nostro secoli e secoli, per non dire anni luce, un mondo violento ma franco, barbaro ma insieme spirituale e altamente poetico. È l?anno del Signore 1226. V?è un chierico, Reginaldo, che lascia l?abbazia di Novacella presso Bressanone e si mette in cammino per un viaggio senza ritorno. Egli ha sentito un richiamo più forte della sua poca vocazione al chiostro, un richiamo che viene dalla terra umbra, da Assisi, dove sembra sia rinato il cristianesimo, semplice e buono, come doveva pur essere. Incarnato in un piccolo grande uomo, tale Francesco, figlio di un mercante. Il chierico Reginaldo intende raggiungere quest?uomo. Il suo non è certo un viaggio senza pericoli, attraverso il Bel Paese dove imperversano i quattro cavalieri dell?Apocalisse: la fame, la guerra, la malattia, la morte. Ma è anche un pellegrinaggio nei labirinti dell?animo suo, alla ricerca della verità, del proprio volto, fosse anche quello del Minotauro. Bisogna pur cercare di sapere chi siamo e cosa ci facciamo a questo mondo, e se ve n?è un altro, oltre la linea immaginaria dell?orizzonte! Insomma, qui si ripropongono le più antiche domande del genere umano, che ognuno infine dovrebbe porsi, domande che ci premono nel petto e vogliono risposte. Reginaldo non può peregrinare per il cammino di sua vita come un?anima bella, deve toccare con mano non solo la bellezza, ma anche conoscere le brutture, «infangandosi i piedi e il cuore». è il prezzo che quasi inevitabilmente si paga alla condizione umana, alla ricerca della verità, alla ricerca di noi stessi e, soprattutto, alla ricerca di Colui che ci ha fatti belli e brutti. Alla vicenda di Reginaldo si intrecciano tante storie. Egli incontra uomini di tutte le risme, semplici e sapienti, nobili e ignobili, teologi e profeti, musici e tanti altri. La storia continua, sempre avvincente, sino all?incontro tra Reginaldo e la Morte. Questa ha il volto dell?assassino che lo ferirà (possiamo rivelarlo, il libro in questione non è un giallo!) mentre va a incontrare Giovanni di Quintavalle, il profeta del silenzio di Dio. Dei mercanti si prenderanno cura del chierico agonizzante e lo porteranno fin dove avrebbe voluto giungere colle sue gambe: all?incontro con Francesco. Siamo nella piana d?Assisi, e Reginaldo finalmente vede e sente nel più profondo del cuore l?uomo delle stigmate, che come lui va a morire, alla Porziuncola. Infine, Reginaldo ha la visione di un angelo al quale domanda di Dio. La porta stretta Il mondo che Artini ha descritto con tanta cura e bravura non è popolato di fantasmi e allegorie, ma di esseri umani che ci appaiono in carne e ossa, dotati di spirito e libero arbitrio. Emancipati dalle opinioni e dai pregiudizi dello stesso autore che li ha generati, immaginati, o richiamati in vita. Se l?autore della vita ha creato gli esseri umani liberi persino di disubbidirgli, l?autore di un romanzo non dovrebbe mai generare degli automi. Egli ha l?obbligo artistico e morale di mettere in scena degli esseri umani dalla a alla zeta, e, soprattutto, dotati di anima. Quest?anima si sente nei personaggi rappresentati nel romanzo. La scrittura di Sergio Artini forse può richiedere un piccolo sforzo iniziale, ma una volta che vi si è entrati, per la secreta porta, ci si schiude un mondo, la storia ci prende e la tensione non ci lascia sino alla fine del libro.


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